Articolo apparso su ROCCA, n. 22, 15 Novembre 2021
La lettura del documento preparatorio per il Sinodo 2021-2023 è una felice esperienza, la riscoperta delle radici sinodali della Chiesa che Papa Francesco sta attuando non solo ci restituisce un senso di comune cammino, ma anche un bel richiamo all’umile apprendimento a cui siamo chiamati per vivere come Chiesa nel terzo millennio.
Il contesto in cui siamo immersi è chiaro: una pandemia globale rispetto alla quale ci sentiamo tutti dei “sopravvissuti”, conflitti locali e internazionali, il riemergere di regimi totalitari in aree che si speravano uscite da quell’incubo, un crescente impatto del cambiamento climatico specie sulle regioni più povere del mondo, drammatiche migrazioni, razzismo, violenza e crescenti disuguaglianze, solo per citare alcuni elementi. Nella Chiesa, poi, sappiamo di trovarci in una fase di profondo avvilimento per il continuo emergere delle sofferenze patite da minori e persone vulnerabili “a causa di abusi sessuali, abusi di potere e abusi di coscienza perpetrati da un numero significativo di membri del clero e persone consacrate[1]”. Come negli incubi in cui si vorrebbe urlare e non si può, ci troviamo afasici e incapaci di reagire.
L’umiltà di percepirsi non solo parte di questo mondo, dal quale è impossibile discostarsi, ma anche parte dei problemi di questo mondo, fonte di sofferenza per tanti innocenti è la premessa indispensabile a qualunque cammino di revisione, ma l’altra premessa è riconoscere e valorizzare le forze più dinamiche nella Chiesa, le più disinteressate e genuine.
Le donne hanno portato sulle spalle la gran parte del peso della pandemia, come lavoratrici della cura e caregiver primarie in famiglia, sono le principali protagoniste della fioritura di liturgie domestiche durante il lockdown e, al tempo stesso, le più colpite dallo scandalo degli abusi, in quanto madri che affidano i propri figli alle scuole e parrocchie cattoliche e la cui fiducia è stata tradita. Per queste ragioni, se non bastasse l’essere figlie di Dio e metà del genere umano, le donne dovrebbero poter e dover essere protagoniste di questo sinodo alla pari degli uomini.
Nel vademecum si chiede alle Diocesi, principali “attrici” della prima fase del percorso sinodale: “Un’attenzione particolare deve essere dedicata a coinvolgere le persone che corrono il rischio di essere escluse: donne, portatori di handicap, rifugiati, migranti, anziani, persone che vivono in povertà, cattolici che praticano raramente o non praticano mai la loro fede, ecc.”. Ma le donne non sono una categoria tra le altre: sono tra i disabili, i rifugiati, i migranti, i poveri, gli anziani, ma anche tra coloro “che praticano raramente o non praticano mai la loro fede” perché i numeri della pratica religiosa femminile nelle fasce giovanili non si discosta più da quella maschile e, per tutte le fasce d’età, l’esodo delle donne più preparate e impegnate dalla Chiesa cattolica è una realtà con cui occorre confrontarsi, almeno nei paesi occidentali.
E le donne sono anche tra i giovani: sono le nostre giovani donne così consapevoli dei privilegi e delle ingiustizie di genere, così competenti e assertive, che vedono nella gerarchia maschile cattolica uno dei maggiori esempi di esclusione e discriminazione. E quanto fa male pensarlo. Allora questo percorso alla scuola dello Spirito ha bisogno anzitutto di un riconoscimento dei tanti talenti, delle tante parole di donne che la Chiesa non ha saputo cogliere[2].
Nel documento preparatorio si insiste sulle conseguenze del clericalismo, già individuato da Papa Francesco come grande male che affligge la Chiesa, ma c’è qualcosa in questa interpretazione che mi lascia insoddisfatta. Additare il clericalismo come la ragione dei problemi ecclesiali e vedere nel suo superamento la soluzione, mi pare un approccio limitato, che guarda più al sintomo che alla causa. Il clericalismo non è una causa, il clericalismo è una deviazione da una realtà già di per sé problematica come quella della separazione del popolo di Dio in due stati nei quali l’uno esercita l’autorità e l’insegnamento sull’altro in forza di una sacralizzazione. Il Sinodo potrebbe essere l’occasione per rileggere questa distinzione alla luce del Vangelo aprendosi a possibili nuove strade suggerite dalla Spirito? Anzitutto recuperando il lavoro degli ultimi anni sull’ordinazione diaconale delle donne?
Sappiamo che non è un processo democratico, il documento lo ribadisce, eppure – con tutti i suoi limiti – il sistema democratico è ancora il migliore che abbiamo per garantire un governo giusto e le parole che il documento spende sulla democrazia, identificata come “rappresentanza di interessi in conflitto”[3] non sono generose, ma soprattutto non lasciano intravvedere concreti strumenti che garantiscano a tutte le voci, anche quelle minoritarie, di essere ascoltate.
Non è un caso che nel cammino sinodale tedesco la premessa ai lavori sia stata una modalità orizzontale di confronto. Solo spogliandosi dei segni del potere possiamo davvero convenire, come ben rappresentano le amiche del Comitè de la Jupe all’indomani della pubblicazione del rapporto CIASE sugli abusi in Francia: “Lasciamo le esitazioni e gli scrupoli nel guardaroba; lasciamo anche i titoli, le croci, le mitre e i collari romani nel guardaroba. E insieme, fratelli e sorelle, nell’umiltà che si addice alla tragedia delle vittime, indossiamo il nostro unico abito di lavoro, la veste bianca del nostro battesimo, e apriamo una Convenzione dei battezzati”[4]. Il Sinodo non potrebbe essere questo convenire dei battezzati e così diventare segno di unità per le nazioni che cercano il bene comune, come il documento auspica?
Le consultazioni diocesane e poi nazionali e sovranazionali saranno sufficienti per far arrivare a Roma tutte le voci se non si fissano regole formali di trasparenza dei processi e se non si danno garanzie di accesso alle fasi finali del Sinodo e al voto del documento che ne verrà, anche ai laici e – soprattutto – alle donne?
Uno dei passaggi più intensi del documento è quello che parla dei successori degli apostoli, il cui scopo è “custodire il posto di Gesù, senza sostituirlo: non per mettere filtri alla sua presenza, ma per rendere facile incontrarlo”[5]… sarebbe bello che questo percorso rappresentasse il tramonto dei tanti no che la Chiesa pone: anche alle benedizioni dell’unione tra persone dello stesso sesso e all’accesso delle donne all’ordinazione. In fondo tutto il sinodo potrebbe riassumersi nella grande domanda: come possiamo – come Chiesa – rendere più facile alle persone incontrare il Signore? SIAMO UN MEZZO efficace e il più possibile invisibile o CI METTIAMO IN MEZZO impedendo alla creatura e al suo Creatore di incontrarsi?
È importante chiederselo e con umiltà ricordare che fuori dai confini sorvegliati della chiesa istituzionale, la fede cattolica continua a fiorire. Penso alle donne che si allontanano dalla pratica, ma non si allontanano dalla fede, semplicemente imparano a viverla diversamente[6]. Non partecipano più alle istituzioni e ai sacramenti cattolici, ma esprimono la loro fede in modalità originali che sarebbe estremamente riduttivo e stolto considerare devianti, ma che invece potrebbero dare un grande contributo alla Chiesa tutta, se guardate con attenzione.
Il documento preparatorio rappresenta un invito a una vera e propria revisione di vita. Viene da chiedersi se le nostre comunità, spesso anziane, stanche, provate dall’esperienza del lockdown abbiano la forza per apprestarsi a un simile sforzo di rilettura della propria esperienza e apertura alle esperienze di quante e quanti “camminano con noi”.
La sensazione è che siamo posti davanti a un’occasione di rivitalizzare e ripensare, ma sapendo che rischiamo di produrre un gigante dai piedi d’argilla, perché qualsiasi esito di questa fase di grande apertura, dovrà attraversare la porta stretta della volontà dei vescovi.
È dei giorni scorsi la dichiarazione dell’arcivescovo del Liechtenstein il quale ha candidamente ammesso “Sono del parere che nella nostra piccola arcidiocesi possiamo astenerci per buone ragioni dal portare avanti un processo così complesso e talvolta anche complicato, che alle nostre latitudini corre il rischio di diventare ideologicamente artificioso”[7], ma non tutti sono così sinceri. Sarebbe interessante poter conoscere il numero reale dei vescovi disposti a coinvolgersi in questo processo che, per tante ragioni, rappresenta un pericolo per la loro autorità. Mentre molti di noi laici lo vediamo come un’opportunità, per la gerarchia rappresenta un’incognita della quale in gran parte preferirebbero fare a meno. Se a questo si aggiunge il poco amore che una parte della Chiesa ha per Papa Francesco diventa chiaro che la prima questione con la quale occorrerà fare i conti è la misura del reale coinvolgimento delle diocesi nel cammino. In Italia la sovrapposizione tra sinodo nazionale e universale se da un lato ha probabilmenrte complicato le cose, dall’altro ha però messo le condizioni affinché difficilmente l’impegno sinodale possa essere silenziato ed eluso.
Tra attese forse eccessive e speranza a volte zoppicante, possiamo tentare la strada biblica del sogno e sognare che dal Sinodo esca una Chiesa più povera, meno interessata a difendersi, umile perché consapevole delle proprie mancanze, innamorata del presente e non con lo sguardo rivolto al passato, senza il dito puntato su alcuno, tranne che sul male. Una Chiesa capace di accogliere nel suo grembo la complessità delle vite reali e che sia la casa di chi sta sempre nell’angolo perché non sente di poter trovare posto.
[1] Lettera del Santo Padre al popolo di Dio
[2] Per questo risuona come un brusco risveglio l’insistenza nelle conferenze stampa sul fatto che le donne continueranno a non votare al sinodo dei vescovi, tranne suor Nathalie Becquart, sottosegretaria al Sinodo.
[3] Documento preparatorio, ibidem.
[4] https://www.chiesacattolica.it/wp-content/uploads/sites/31/2021/09/08/SinodoDocumentoPreparatorio.pdf
[5] Documento preparatorio, punto 19.
[6] Su questo si veda il recente “Religione sotto spirito” di Pannofino, Palmisano
[7] https://www.katholisch.de/artikel/31663-erzbischof-haas-nehmen-am-synodalen-prozess-nicht-teil?fbclid=IwAR3TcLPoHzI4xXWJ5aMxCtpdBSBlyBTn9AsT0bqbO5rTT5hsSf0ikHfEy3E