Guardare il potere da vicino, le donne nella Chiesa italiana

Discorso tenuto a Roma il 13 Ottobre 2023 in occasione dell’Evento promosso da Spirit Unbounded 

Benvenute e benvenuti a Roma, molti di voi vengono da lontano o ci guardano da lontano e per questo vorrei provare a dirvi qualche parola su cosa significhi essere donne cattoliche proprio qui, in Italia, così vicino al Vaticano. 

Passeggiando lungo il Tevere troverete probabilmente più uomini che donne con la gonna, in particolare una lunga gonna nera, perché qui l’appartenenza alla casta sacerdotale si deve vedere a distanza… non è semplicemente un particolare curioso, si tratta di una precisa manifestazione di forza e – qui in Italia – questa forza è presente a tutti i livelli: nella disposizione urbanistica delle città, costruite attorno alle Chiese, nella legislazione tributaria che favorisce la Chiesa Cattolica sia per le tasse che le chiede di versare, sia nella sua ricezione di una percentuale della quota erariale. Questa forza e onnipresenza si traduce anche nel fatto che la Chiesa in buona misura integra lo Stato nei servizi di welfare, come scuole, e ospedali, ma addirittura lo sostituisce quando si tratta di servizi per persone in situazione di grave povertà.

Se è così in molti paesi, qui lo è in modo massiccio e il Papa è una figura onnipresente nelle nostre televisioni e sui nostri giornali.

A questa forza fa da contraltare una pesante debolezza: è quella debolezza che spinge a prendere posizione su questioni su cui non si ha competenza, dalla denatalità al testamento biologico nel tentativo di restare un attore politico rilevante in un mondo secolarizzato, quella debolezza che dà risposte ai dubia di cinque vecchi cardinali ma non alle richieste di metà del popolo di Dio, perché è decisamente più facile e si può farlo nel tentativo di non scontentare nessuno. 

Stare vicino al potere, come donne, significa sentire il peso di non essere mai interlocutrici alla pari, ma di essere considerate una “questione” da tenere a bada inserendo una donna qui, 54 donne lì con grande pompa, come al Sinodo. Significa anche incontrare le suore che vivono nel seminterrato della Civiltà Cattolica e fanno da cuoche e cameriere agli stessi padri che scrivono saggi sugli abusi spirituali sulle suore.

Qui le contraddizioni sono più stridenti, qui è tutto molto evidente: l’istituzione che ci ha fatto conoscere il Vangelo (e di questo non saremo mai abbastanza grate) è la stessa che ogni giorno lo tradisce.

Non saprei contare le volte in cui mi sono sentita dire “se le cose non ti stanno bene puoi sempre lasciare la chiesa”, come se l’appartenenza a una comunità di fede fosse un abito che si mette e si toglie. A chi desidera una riforma vengono negate la cattolicità e l’amore per la Chiesa, queste mura diventano altissime. 

Oggi – certo – nessuno nega che le donne abbiano la stessa dignità degli uomini, eppure siamo ancora ai margini, ma sono diventati raffinati, come Papa Francesco nella risposta ai dubia quando dice “non possiamo contraddire la norma che esclude le donne ma possiamo farne oggetto di studio”… magari facendo un’altra commissione che poi finisce in nulla. Il potere è sempre lo stesso: quello di dire cosa è ortodossia e cosa è eresia. E ancora oggi le donne sono chiamate a dire che il re è nudo. 

Come diceva Umberto Eco “Gratta l’eresia, troverai l’emarginato”.

Come donna, come femminista cattolica, so che siamo le emarginate e non mi posso nascondere le difficoltà.

In Italia l’associazionismo cattolico delle donne è nato storicamente con intenti anti-femministi e un femminismo cattolico di base non è mai veramente nato. Le donne italiane sono state le migliori alleate della Chiesa Cattolica, contro i mali del modernismo. 

Ma oggi si è rotto qualcosa, oggi perfino in Italia le donne – che si dichiarano cattoliche – e che non frequentano MAI la Chiesa, sono più di quelle che la frequentano regolarmente, un sorpasso recentissimo che dice qualcosa di molto profondo: si è consumata una frattura tra la Chiesa e le donne e le ragioni non riguardano, a mio modo di vedere, solo l’accesso -finalmente- delle donne al mondo del lavoro, tardivo rispetto ad altri paesi occidentali (per cui la secolarizzazione le ha raggiunte più tardi), ma anche la sempre più ingiustificabile discriminazione di cui siamo oggetto e recentemente l’emersione della sistematica pratica degli abusi. Da un lato abbiamo smesso di accettare che i diritti acquisiti nella società civile non valgano tra le mura delle chiese, dall’altro si è rotta la fiducia e le madri hanno smesso di affidare i propri bambini alle parrocchie. La risposta della Chiesa italiana? Insufficiente! La CI è una di quelle che ha rifiutato di mettere in campo una vera e propria indagine condotta da una commissione indipendente, come avvenuto altrove, e questa reticenza non ha fatto altro che rafforzare la sfiducia. 

Il lockdown, con il fiorire di immagini di preti che celebrano da soli, in videoconferenza, ha tolto infine qualunque illusione riguardo alla dimensione comunitaria e al ruolo del popolo di Dio: la Chiesa è ostaggio di una casta.

Questa profonda e radicale frattura si consuma mentre la domanda spirituale continua a crescere. Soprattutto quella delle donne che sono, ovunque nel mondo, le più vicine alla preghiera e alla pratica religiosa.

Se le persone lasciano la Chiesa cattolica, ma la loro richiesta spirituale rimane costante, se non crescente, allora significa semplicemente che le persone cercano altrove. La scorsa settimana a Milano è arrivato Sandhguro un guru indiano e 5000 persone hanno pagato un biglietto carissimo per ascoltarlo e meditare con lui. La Chiesa Cattolica agisce come se avesse il monopolio del sacro e della spiritualità, ma non è così, nemmeno in Italia, nemmeno a Roma.

Nel post-Covid la partecipazione è scesa del 25% rispetto a prima.

La Chiesa si sta erodendo dall’interno, perché continuamente in posizione difensiva davanti alle minacce esterne ma soprattutto alle richieste interne, questo è un veleno e non dice nulla alla vita reale delle persone, che sono ormai soggetti consapevoli e autonomi nelle loro scelte politiche, affettive, sessuali.

L’organizzazione di un potere clericale interamente gerarchico, interamente maschile ricalcata sul modello imperiale è finita, storicamente non ha più giustificazioni ed è chiaro che non ha futuro, ma dal momento che la Chiesa ha fatto di questo sistema non solo un principio organizzativo ma un fondamento della sua esistenza sacralizzandolo, allora le speranze di riforma diventano sottilisime e sono legate alle donne, solo se la Chiesa farà entrare le donne pienamente nella sua struttura potrà far saltare questo regime clericale fondato sul prete maschio e celibe: ingiusto, vecchio, lontano dalla vita. Questo fermerebbe l’emorragia di fedeli, uomini e donne? Probabilmente no, ma bisogna farlo semplicemente perché è giusto. 

Allora incontrarsi proprio a Roma, mentre a poca distanza si tiene il Sinodo ufficiale, è per me il segnale che la vita quella con la V maiuscola, quella di chi si è definito Via Verità e Vita, non permette a nessuno di contenerla e ridurla. 

 

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