Andarsene

Ho lasciato la Chiesa?

 

In un articolo dell’ottobre 2023 di Geraldine Gorman sul National Catholic Reporter si chiedeva: qual è il rumore prodotto da una donna che lascia la Chiesa? E rispondeva: nessuno, solo silenzio. 

Mentre in paesi come la Germania, nei quali l’iscrizione nei registri di una data confessione è un atto pubblico e comporta conseguenze fiscali, in Italia nessun atto esplicito è richiesto a chi lascia la Chiesa Cattolica. 

Parlo di lasciare la Chiesa intendendo qualcosa di molto più articolato e complesso della semplice rinuncia alla frequentazione della Messa domenicale: significa organizzare la propria personale ricerca di senso e di trascendenza altrove (nella solitudine o in altre organizzazioni), sottrarre alla Chiesa il presidio dei propri riti di passaggio, smettere di trasmettere ai figli e nipoti anche le minime basi della fede cristiana cattolica. 

In questo momento non sono tanto le ragioni a interessarmi, dato che se ne discute da anni e con sempre maggiore attenzione da parte della sociologia della religione, non è neppure il nuovo/i nuovi contesti di ricerca spirituale di chi lascia, quanto l’effetto che questa scelta ha su chi rimane.

La risposta breve è: nessuna. Semplicemente se prima eravamo in cinque a ballare l’hully-gully, adesso siamo in quattro a ballare l’hully-gully.

La risposta lunga è: apparentemente nessuna, ma non riesco a togliermi dalla testa il dubbio che si stia provocando una lenta erosione, che pian piano arriva a toccare anche i fedelissimi e le fedelissime, perché la narrazione della fortezza assediata non riesce a funzionare sui lunghi periodi. Si esaurisce, stanca. Così mentre le cose continuano, bene o male, ad andare avanti (perché se ci sono meno persone che frequentano ci sono meno richieste e se ci sono meno richieste servono meno volenterosi) si fa strada prima la nostalgia dei tempi passati, normalmente di quando si era giovani, poi l’orgoglio di essere tra i pochi “saldi”, per arrivare alla rabbia nei confronti di chi prima c’era e ora non c’è più.

L’ultimo passaggio è quello della rassegnazione: vedere che si cammina ostinatamente su un sentiero che ha smesso per tanti aspetti di essere significativo, ma non riuscire a smettere di farlo. 

Con molte e differenti gradazioni, molte delle persone che conosco si trovano in questa situazione: restano, meno, ma restano. Perché essere cattolica fa parte della propria identità, perché il proprio piccolo mondo include quell’ambito e ci si sentirebbe persi senza, perché semplicemente il ricordo del bene ricevuto continua a parlare, o anche perché si è trovata una nicchia di persone con cui si condivide il criticismo, ma anche l’attaccamento.

Ho fatto dell’impegno per il pieno riconoscimento per le donne nella Chiesa il cuore del mio lavoro per anni e, a un certo punto, mi sono resa conto che anche in quello slancio c’era un desiderio languente per qualcosa che non potrò mai ritrovare: la fiducia e l’amore per la Chiesa che avevo a vent’anni, prima di riconoscere la misoginia, prima di conoscere gli abusi, prima. Quando ero inconsapevole.

Ma la consapevolezza ha il dono subdolo di non sparire anche se si vorrebbe, una volta che arriva si installa e cambia tutto… non c’è modo di tornare indietro. Quello che ora vedo nella e della Chiesa mi impedisce di affidarmi, di sospendere il giudizio e accogliere quello che ancora ha da offrire. Per tanti aspetti mi sento in gabbia. 

Ho lasciato la chiesa? Me lo chiedo e non so rispondere. Ho ridotto la mia frequentazione dei riti, ho ridotto anche il mio impegno come femminista cattolica, salvaguardando solo gli ambiti in cui posso sperare di raggiungere persone che dalla chiesa si sono sempre sentite allontanate, ho ridotto anche la preghiera, per come la conoscevo.

Ma ho davvero lasciato la Chiesa? E, se no, cosa mi trattiene? È solo nostalgia? È un tratto identitario al quale non saprei rinunciare se non al prezzo di non sapere più chi sono?

Non lo so, proprio non lo so, ma di certo so che nessuno ha mai pensato lontanamente di venirmi a cercare, non ho custodi tra i miei fratelli, neanche quelli con cui ho camminato per più di mezza vita. 

Forse davvero l’ho lasciata, ma se è così si tratta di un’uscita di scena senza nulla di drammatico o sensazionale, come si diceva, c’è solo silenzio.

 

 

 

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3 risposte

  1. Solo l amore per/di Cristo ci trattiene. ” dove andremmo?”…
    E poi..non si può camminare da soli..ci vorrebbe una piccola comunità di sorelle e fratelli, ma dov è?…
    Io non mi sento in gabbia, semplicemente dissociata!..
    Non so cosa è meglio!

  2. Quanto ti capisco!
    Quanto condivido della tua riflessione!
    Quanto silenzio ho sperimentato!
    Mi sostengono compagne e compagni di cammino!

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