Paola Lazzarini Orrù

La sostenibilità alimentare nelle prime fasi della vita: il ruolo strategico dell’allattamento materno

Capitolo del libro “Verso un’economia della sostenibilità. Lo scenario e le sfide” 

 

  1. Ruolo dell’allattamento nella storia e in particolare negli ultimi quarant’anni.

 

L’allattamento al seno potrebbe sembrare, a un primo sguardo, il gesto nutritivo che meno è mutato dai primordi dell’umanità fino a oggi. La madre che accompagna la testa di suo figlio, sua figlia, all’incontro col capezzolo e quindi con il suo latte è effettivamente un’immagine che percepiamo come fondante e quasi eterna, ma la realtà è ben diversa: la storia dell’allattamento al seno è estremamente accidentata e non  solo a partire dagli anni settanta quando cioè si è cominciato a nutrire i lattanti con un sostituto vaccino, ma da molto prima. Secondo le fonti documentali che sono state ritrovate, in Egitto pare che i bambini venissero nutriti con latte materno circa fino ai tre anni, mentre dalla Bibbia si evince che in Israele lo svezzamento avvenisse intorno ai due, in alcune città-stato greche, come ad esempio a Sparta, l’allattamento era imposto per legge[1]. Nonostante l’importante considerazione di cui godeva nelle civiltà antiche, in epoca romana sono iniziate le incursioni del maschile in quella che potrebbe a buon diritto essere considerata faccenda di sole donne, così è emerso che Sorano di Efeso, medico e autore del primo trattato sulla ginecologia, intervenne inizialmente togliendo al neonato il preziosissimo colostro, sostituendolo con miele bollito e poi raccomandando che ad allattare non fosse la madre, ma un’altra donna per almeno venti giorni, trascorsi i quali la mamma poteva finalmente attaccare al seno il proprio figlio. Questo testo rimase il riferimento della scienza medica nel campo fino al medioevo e determinò la nascita della figura della Balia. Nel suo libro “Nelle mani delle donne”, Maria Giuseppina Muzzarelli (2013) esplora come sia stato proprio l’intervento maschile a dar vita all’esercizio del baliatico: pagando una donna meno abbiente per allattare il bambino al posto della madre, il marito (col sostegno – sempre maschile – dei medici) si assicurava che questa continuasse a fornire prestazioni sessuali e a occuparsi della casa. Nei secoli gli uomini hanno scritto innumerevoli trattati sulla selezione della balia perfetta che doveva dare garanzie fisiche e di comportamento (per esempio astenersi dai rapporti sessuali, aver partorito da poco,…).

Nonostante l’accezione negativa che le acquisizioni psicologiche più recenti possono far attribuire al baliatico, vista l’acclarata importanza del contatto madre-bambino, occorre dire che il baliatico ha avuto anche ricadute positive, ad esempio ha rappresentato un’opportunità di lavoro retribuito che nei secoli ha consentito di salvare molte ragazze madri, evitando loro di prostituirsi per mantenere il figlio: la balia è stata infatti la prima figura considerata effettivamente donna lavoratrice.

È molto significativo che Muzzarelli affermi: “Le balie sono sparite intorno alla metà del Novecento anche grazie alla scienza e alla ricerca, che hanno creato un soddisfacente latte artificiale. Ne è derivato un rifiuto dell’idea di affidare il proprio figlio a un’altra donna per allattarlo[2]”, ritengo questa riflessione molto evocativa del fatto che il latte in polvere rappresenti solo l’ultimo degli strumenti finalizzati a togliere alle donne l’esercizio di questa pratica. Contemporaneamente “l’artificialità ha prodotto una sorta di mistica dell’allattamento al seno nel nome di una naturalità di difficile decifrazione. Niente di nuovo: l’allattamento ha sempre subito influssi culturali e li sta subendo anche ora, con buona pace di quanti credono che basti attaccare un piccolo al seno per seguire la natura”[3]. È importante qui ricordare che la riscoperta dell’allattamento al seno è andata ad inserirsi (pur non esaurendosi in essi) all’interno dei movimenti post-moderni ecologisti e di ritorno alla natura, ma una natura che non ha nulla a che fare con il tradizionale, è una natura idealizzata e costruita che, afferma Dow (2013) viene vista come principio morale: i genitori che portano avanti l’idea dell’intensive parenting riflettono infatti “not only the ideology of intensive parenting that dominates their wider cultural milieu, but also the particulae values of the enviromentalist movement (…) running through both ethics is a sense that ‘nature’ and ‘natural’ can provide ethical guidance”[4]. All’interno  dello spazio che questi movimenti hanno conquistato sui social, l’allattamento è stato in grado di diventare dirimente nella creazione di subculture e tribù digitali[5]. Ma il seno ha sempre rappresentato un simbolo potente e nel corso della storia è stato alternativamente sessualizzato e santificato, afferma sempre Muzzarelli: “All’epoca di Michele Savonarola era già in corso un importante cambiamento nella sensibilità e nella cultura relativamente alla rappresentazione del seno femminile. Dal XV secolo, infatti, esso non era più un simbolo religioso, ma si era medicalizzato e al tempo stesso eroticizzato. Restava un simbolo potente nella società occidentale, ma il suo contenuto stava cambiando, avviandone l’interpretazione verso una crescente secolarizzazione. Questo mutamento nell’immaginario è in relazione con il fenomeno dell’allattamento, sempre più oggetto di attenzione da parte dei medici… ma si deduce anche un mutato atteggiamento nei confronti del fenomeno, tanto che il Savonarola raccomandava: «se fare el puoi, lacta il fiolo tuo, per suo e per tuo tanto bene[6]»…”

Sul finire del diciannovesimo secolo, in seguito alle scoperte di Pasteur sulla pastorizzazione, iniziarono gli studi per creare alimenti per l’infanzia sostitutivi al latte materno. Il primo esperimento venne fatto da Justus von Liebig nel 1865 con l’ideazione di una pappa a base di malto, ma fu lo svizzero Henri Nestlè nel 1867 a inventare la prima farina lattea da cui ebbero poi origine tutte le tipologie di latte in polvere successive. Il boom del latte artificiale e la sua diffusione massiva avvenne intorno agli anni settanta del secolo scorso, in concomitanza con l’ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro, e in questi anni l’allattamento artificiale è diventato la norma, supportato dalla medicina ufficiale che ne raccomandava l’utilizzo invece del latte materno. Parallelamente si affermata una visione ambivalente del bambino: da un lato idealizzato e posto al centro della famiglia (anche perché sempre più spesso unico), ma anche “piccolo dittatore” che, attraverso il pianto, manipola i genitori compromettendo, in questo modo, i ritmi produttivi. Si cercava pertanto di creare routine fisse che rispondessero innanzitutto alle esigenze dei genitori e in questo senso l’allattamento artificiale rispondeva perfettamente allo scopo.

Nella seconda metà del secolo scorso, però, sono nati anche movimenti autonomi di donne, come La leche league[7] che, rifacendosi anche a teorie psicologiche o sociologiche come quella di Bowlby[8], lavorarono alla rivalutazione dell’allattamento materno e, di conseguenza, di un tipo di accudimento più ravvicinato, che favorisse il contatto del bambino con le figure genitoriali. Negli ultimi due decenni, sotto la spinta delle ricerche scientifiche e delle dichiarazioni dell’UNICEF, i medici pediatri di tutte le nazioni hanno aumentato il loro impegno nella promozione dell’allattamento al seno. Il loro sforzo è concentrato all’aumento delle percentuali di allattamento materno nei primi mesi di vita, consapevoli dell’importanza sanitaria di tale pratica, ma a tutt’oggi in Italia allattano al seno solo l’85,5% delle madri (ma i dati sono in crescita) e per un tempo molto breve rispetto alle indicazioni OMS: 7, 3 mesi con un periodo di allattamento esclusivo di 4 mesi, ben lontani dai due anni indicati come auspicabili dalle agenzie internazionali.

 Oggi le donne in molte parti del mondo possono scegliere come nutrire i propri figli, ma il corpo femminile non è ancora liberato e, anzi, mai come in questi tempi la sessualizzazione e oggettificazione del corpo delle donne è accentuato. Contemporaneamente la voce maschile sull’allattamento si è attenuata, ma si è amplificata quella delle altre donne, andando a costituire (anche grazie ai social) vere e proprie tribù[9] in guerra tra loro riguardo alle pratiche della maternità. È utile questo continuo tentativo di accaparrarsi la maternità? Probabilmente no, ma rende evidente il fatto che la maternità e le pratiche di accudimento sono un tema politico perché ““…In ogni società, il modo in cui una donna partorisce e il tipo di assistenza che viene dato a lei e al piccolo sono indicativi dei valori culturalmente dominanti” (Marsden Wagner)[10].

 

  1. Il latte materno – alimento sicuro, ecologico, a km zero, specie-specifico

 

Il latte materno rappresenta un unicum tra gli alimenti: è a costo zero, non produce rifiuti di alcun tipo, non richiede impiego di energia per essere prodotto, è perfetto per la persona che lo riceve e in tutti i casi l’alimento più sicuro per la sua salute. Le conseguenze dell’assunzione di questo alimento nella prima infanzia sono predittive di migliori condizioni di salute per il resto della vita. In questo paragrafo si intende approfondire le caratteristiche che fanno del latte materno il prototipo dell’alimento sicuro, tenendo presente in particolare la questione ecologica.

La composizione del latte materno è completa (acqua, lipidi, carboidrati, proteine, vitamine, sali minerali e almeno altri duecento elementi senza valore nutritivo, ma importanti per lo sviluppo del neonato), è formulata per il piccolo dell’uomo che ha una crescita molto lenta rispetto a quella di altre specie animali e per questo possiede molte vitamine e pochi grassi rispetto al latte di mucca, ad esempio, inoltre contiene lattosio necessario per lo sviluppo del sistema nervoso, molto più complesso per gli esseri umani che per le altre specie. Il latte materno, inoltre, cambia con la crescita del bambino, dal colostro dei primissimi giorni (ricco di Beta-carotene per stimolare la produzione di melanina e la crescita dei tessuti corporei), al latte maturo che contiene tutti i nutrienti necessari: proteine, carboidrati, grassi, vitamine, minerali ed acqua, in relazione ai bisogni del bambino e all’esposizione della madre a virus e batteri, allo scopo di proteggere il piccolo.

La biologa dell’evoluzione Katie Hinde, direttrice del Laboratorio di lattazione comparata presso il Centro nazionale di ricerca sui primati della California, in occasione del Simposio Internazionale sull’Allattamento[11], ha detto: “Tra le settemila specie di mammiferi esistenti, i primati mostrano le relazioni sociali e gli stili di vita più complessi” commenta la Hinde. “L’essere umano risolve problemi, collabora, fa concorrenza e sviluppa strategie. Conduciamo stili di vita incredibilmente complessi che si basano su ciò che apprendiamo nella fase di crescita e sviluppo. È il latte materno a fungere da intelaiatura, carburante ed elemento costitutivo dell’apprendimento”. E ancora, secondo l’esperta: “un cervello formato e alimentato in maniera ottimale con il latte frutto del percorso evolutivo è uno strumento capace di fornire istruzioni impeccabili a tutto l’organismo per l’intero arco della vita”. Il centro di documentazione sulla salute perinatale e riproduttiva del servizio sanitario dell’Emilia Romagna pubblica periodicamente studi e sul loro sito è possibile trovare ampia documentazione relativa alle condizioni di salute dei bambini alimentati con latte materno o artificiale, si afferma che: “revisioni sistematiche di studi osservazionali concordano nel rilevare che il bambino alimentato con formula e biberon ha un aumento di morbosità e mortalità, rispetto al bambino allattato al seno, anche nei paesi ricchi: l’aumento del rischio è dose dipendente, si manifesta sia nel breve che nel lungo termine e riguarda patologie infettive acute (otiti, gastroenteriti, polmoniti, bronchioliti), malattie croniche con una componente allergica o autoimmune (dermatite atopica, asma, diabete di tipo 1, celiachia e malattia infiammatoria cronica intestinale) e altre condizioni (sindrome della morte improvvisa – SIDS, obesità, diabete di tipo 2, enterocolite necrotizzante del pretermine, leucemia)”[12].

Oltre agli indubbi benefici sulla salute del bambino e della madre, l’allattamento materno rappresenta anche il cibo per eccellenza a km e impatto zero, nel corso dell’EXPO 2015 di Milano, che aveva come tema “Nutrire il pianeta, Energia per la Vita” si è voluto porre l’attenzione anche sul latte materno, considerato a pieno titolo tra gli alimenti la cui produzione va preservata sia a livello individuale (sostegno ed incoraggiamento alla donna che allatta per contrastare l’abbandono della pratica), che a livello della società (protezione legislativa). Si legge tra i documenti prodotti dal ministero della Salute in vista di Expo[13]: “La produzione di latte materno caratterizza il genere dei mammiferi, al quale anche la specie umana appartiene. La disponibilità di sostituti del latte materno (latti artificiali) e sostanziali cambiamenti socio-culturali hanno storicamente limitato il fenomeno dell’allattamento al seno, che è riferimento essenziale per la nutrizione infantile nei primi 6 mesi di vita ed anche in seguito. Dopo i primi 6 mesi di vita l’alimentazione è un fenomeno complesso, basato su scelte individuali, culturali, sociali. Nei primi 6 mesi di vita però l’alimentazione può essere semplificata ed allo stesso tempo valorizzata al massimo proprio proponendo chiaramente l’allattamento materno. Il latte materno veicola i sapori della dieta materna e rappresenta quindi un’esperienza di preparazione per la successiva introduzione dei cibi solidi. L’allattamento al seno rappresenta in altre parole la prima educazione alimentare e al gusto. Il consumo di latte materno da parte del cucciolo d’uomo incide positivamente sull’ecosistema, perché l’allattamento materno rappresenta l’alimentazione meglio sostenibile, più rispettosa dell’ambiente. Il latte materno è alimento trans-culturale, ma allo stesso tempo il suo consumo avviene a chilometri zero rispetto al luogo di produzione (la mammella)”.

Il latte artificiale non solo non sostituisce perfettamente il latte materno in termini nutrizionali e affettivi, ma rappresenta un enorme costo in risorse ambientali (allevamenti di mucche da latte, pascoli dedicati, inscatolamento o imbottigliamento del prodotto finito), inoltre l’allattamento per sua natura non produce sprechi alimentari dal momento che la sua produzione dipende direttamente dalla domanda del bambino che succhia: “Nessun altro alimento più del latte materno è allo stesso tempo genuino, sicuro, inimitabile, specie specifico, individuo specifico. La biodiversità e la biocompatibilità di questo alimento è la massima che si possa immaginare”.

L’allattamento al seno, dunque, risponde agli Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite ed in particolare la riduzione della mortalità nei primi 5 anni di vita (U5MR), il 5° miglioramento della salute materna e il miglioramento della sostenibilità ambientale. Sono state calcolate le conseguenze economiche della scelta del latte materno sui bilanci nazionali di alcuni paesi sviluppati e in via di sviluppo ed è possibile calcolare il risparmio in termini economici del latte materno sul latte artificiale per una famiglia italiana: anche in termini puramente economici il dato è impressionante.

Negli Stati Uniti recenti studi hanno calcolato che l’attuale utilizzo subottimale del latte materno costa all’economica del Paese 13 Miliardi di dollari all’anno in salute pediatrica e morti premature, per non parlare della salute materna i cui costi non sono stati ancora evidenziati. Si è visto che se si raggiungesse il 90% di allattamento al seno secondo le direttive mediche (esclusivo e almeno fino ai 6 mesi di vita) si risparmierebbero 3,7 miliardi di dollari in salute pediatrica, 10 miliardi per morti premature da malattie pediatriche, 3,9 miliardi  per latte in formula, mentre i costi per il maggior consumo alimentare delle madri che allattano e per parti baby-friendly (secondo i parametri dell’OMS) costerebbero 0.145 miliardi di dollari.

Sono state, inoltre, calcolate le conseguenze economiche ed ambientali della scelta di allattare in un Paese in via di sviluppo. Gabrielle Palmer (2009), nutrizionista e consulente professionale in allattamento della Gran Bretagna, ha scritto “Il latte umano è un bene ignorato nell’inventario dei beni di una Nazione o nelle inchieste sui consumi alimentari, eppure comporta a livello nazionale un risparmio di milioni di dollari sulle importazioni e sulle spese sanitarie. Il Ministero della Sanità del Mozambico ha calcolato nel 1982 che, se si fosse verificato un aumento anche solo del 20% nel costo del latte artificiale, nel giro di due anni questo sarebbe costato al Paese l’equivalente di dieci milioni di dollari, senza contare i costi di trasporto, distribuzione e la spesa sanitaria. Venne inoltre calcolato che il combustibile necessario per far bollire l’acqua avrebbe drenato le risorse destinate ad un grande progetto di riforestazione. Gli inventori delle auto che consentono di risparmiare energia vengono premiati, perché non vengono premiate le donne? Tre milioni di bambini nutriti con il latte artificiale corrispondono a quattrocentocinquanta milioni di lattine di latte artificiale, che corrispondono a settantamila tonnellate di lattine gettate nei rifiuti, che non vengono riciclate”.

C’è poi da considerare il comportamento criminale delle multinazionali dell’alimentazione che inducono l’utilizzo del latte in formula attraverso la distribuzione di campioni gratuiti, le cui conseguenze sono ben segnalate nel rapporto Superfood for Babies di Save the Children found (2013) che mette in luce i costi insostenibili che le famiglie dovrebbero accollarsi per garantire una nutrizione adeguata: “The cost of regularly buying formula can put a great strain on a family’s budget, even in developed countries. In lower-income countries, it is only the richer families who can afford formula and who have access to the clean water and facilities needed to prepare the formula safely. In Nicaragua, lowincome families who feed their children breast-milk substitutes spend 27% of their household budget every month on breast-milk substitutes, compared with 4.5% spent by high-income families”[14]. Le politiche statali spesso non riescono ad arginare la pervasività di questi soggetti, che compromettono la salute pubblica per intere generazioni.

Dati recenti dell’OMS mostrano che il 60% delle morti di bambini al di sotto dei 5 anni nei paesi in via di sviluppo è da attribuirsi alla malnutrizione, si stima che circa 50,6 milioni di bambini sotto i 5 anni sia malnutrito e tra questi il 90% vive in paesi in via di sviluppo. Tra questi il Bangladesh è uno dei paesi con i più alti tassi di malnutrizione (Faruque, Ahmed et alii 2008)[15]. L’osservatorio sulla nutrizione del Paese ha visto che le pratiche inappropriate di nutrizione dei neonati e dei bambini è la maggiore causa di malnutrizione e questo riguarda in particolare allattamento e alimentazione complementare. Nonostante in Bangladesh la durata media di allattamento sia 30 mesi, la pratica dell’allattamento esclusivo fino ai 6 mesi è molto bassa e l’alimentazione complementare insoddisfacente. Molti sforzi sono stati fatti per superare questo problema, in particolare lavorando su un parto rispettoso, ma dal momento che il 90% dei parti avviene ancora in casa l’impatto è stato limitato, per questo ci si sta concentrando sul metodo (molto efficace) del peer-counselling. Sono gli stessi OMS e UNICEF a riconoscere il valore del sostegno tra madri, come affermano nella dichiarazione congiunta del 1989: “In molti paesi esistono gruppi di sostegno sociale che aiutano le madri che desiderano allattare al seno i propri figli. Gli operatori sanitari dovrebbero incoraggiare la creazione e l’attività di tali gruppi e indirizzarvi le madri, specialmente se giovani e inesperte, dopo la dimissione dall’ospedale o dalla clinica. La consulenza individuale e il materiale di informazione ed educazione sanitaria forniti da questi gruppi possono integrare il compito degli operatori sanitari. La distribuzione di tali materiali dovrebbe essere promossa nell’ambito del sistema sanitario”[16].

 

  1. Il latte materno – valenze simboliche dell’alimento vitale per eccellenza

 

Il latte materno non è soltanto un alimento sicuro, ecologico ed economico, positivo per la salute del bambino e di sua madre, ma è anche un potentissimo veicolo di valori e simboli. Rappresenta la forma idealtipica di accudimento del neonato e “impone” alla sua famiglia, e di conseguenza alla

società, una riflessione sui tempi e i modi della vita perché chiede di sottrarsi alla fretta, alla programmazione precisa del tempo. Quale messaggio l’allattamento al seno può dare in vista del benessere dell’intera società?

Per lo psicanalista Massimo Recalcati (2015) il seno è sempre anche un segno perché se da un lato soddisfa i bisogni alimentari del bambino, dall’altro rappresenta per questi la presenza della madre, l’accudimento. Descrivendo le fasi della poppata Recalcati mette in luce il fatto che, dopo i primi minuti caratterizzati dall’urgenza di saziarsi e dissetarsi, il bambino inizia a giocherellare, guardare, scrive:  “In primo piano ci sono un’altra domanda e un’altra soddisfazione. Il bambino vuole sentire la presenza dell’Altro e trasfigura il seno-oggetto nel segno di questa presenza. Non è più l’attività acefala della pulsione a essere al centro, ma il desiderio di sentirsi desiderato dal desiderio della madre, la sua domanda di riconoscimento”[17].

Marcell Mauss nel suo, “Saggio sul dono”, parla di fatti sociali totali, ovvero fenomeni sociali in grado di attivare gran parte delle dinamiche della comunità, di unire cioè aspetti concreti a significati simbolici, affettivi, addirittura mitici. L’allattamento al seno è, secondo alcuni studiosi, da considerarsi un fatto sociale totale in quanto in esso convergono moltissimi significati e osservarlo nelle diverse epoche e luoghi consente di comprendere e interpretare elementi culturali e dell’organizzazione sociale, attraverso dinamiche apparentemente lontane, ma in realtà interconnesse.

Anche la letteratura si interessa dei simboli legati al dono del latte, attribuendogli il valore di disvelamento della realtà e di gesto salvifico. Esemplari in questo senso sono due pagine fondamentali della letteratura internazionale, scrive Balzac in Una figlia di Eva “Quel piccolo mostro prese il mio seno e vi si attaccò: e tosto fiat lux. All’improvviso mi sono sentita veramente madre… questo piccolo essere non conosceva assolutamente altro che questo mio seno, non vi era nel mondo che questo piccolo punto illuminato, lo amava con tutte le sue forze, non pensava che a questa fonte di vita, lo raggiungeva per dormirgli sopra, si svegliava per ritornarvi. Le sue labbra avevano un amore inesprimibile, e, quando vi si accollavano, manifestavano allo stesso tempo piacere e dolore: un piacere che andava fino al dolore e un dolore che finiva nel piacere. Non saprei esprimere quella sensazione che il seno irradia in me fin dalle più intime origini, poiché esso sembrava il centro da cui si dipartivano mille raggi che raggiungevano il cuore e l’anima. Far figli è nulla, ma nutrirli significa essere madre ogni momento. Le carezze degli amanti non valgono quelle di due piccoli mani rosse che si sporgono docilmente come per aggrapparsi alla vita”. È l’esperienza del riconoscimento del figlio del grembo attraverso il contatto dato dall’allattamento, un’esperienza quotidiana e simbolicamente fortissima perché rappresenta la relazione primaria dell’essere umano venuto al mondo.

Una seconda pagina letteraria che vale la pena citare parlando del latte come alimento salvifico, in grado di restituire vita e salute anche nelle situazioni più compromesse è il finale di “Furore” di Steinbeck, diversissima dalla prima citata, ma certo non meno potente:

“… Il ragazzo venne di nuovo al fianco della mamma, e spiegava: “Io non sapevo. Lui diceva sempre che aveva già mangiato e che non aveva fame. Ieri sera sono andato fuori, e ho rotto una vetrina per rubare del pane. Gliel’ho fatto mangiare, ma l’ha vomitato tutto, e dopo era più debole di prima. Bisognerebbe dargli del brodo o del latte. Avete denaro per comprare un po’ di latte?”
“Zitto, non ti preoccupare. In qualche modo si provvede.”
D’un tratto il ragazzo gridò: “Ma muore, vi dico! Muore di fame!”
“Zitto,” disse la mamma. Guardò il babbo e zio John, che stavano in piedi vicino all’uomo malato guardandolo con occhi impotenti. Poi guardò Rosa Tea avviluppata nella coperta, e aspettò d’incontrarne lo sguardo. Allora le due donne si lessero profondamente negli occhi, e Rosa Tea prese a respirare in fretta e affannosamente.
Poi disse: “Sì.”

La mamma sorrise: “Ero certa!” Si guardò le mani, abbandonate in grembo.
Rosa Tea bisbigliò: “Fai… fai andar via tutti?” e la mamma la rassicurò con un cenno del capo. Ora il suono della pioggia sul tetto era soltanto un fruscìo.


Per un minuto Rosa Tea continuò a sedere nel silenzio frusciante del fienile.
Poi si alzò faticosamente in piedi aggiustandosi la coperta attorno al corpo, si diresse a passi lenti verso l’angolo e stette qualche secondo a contemplare la faccia smunta e gli occhi fissi, allucinati. Poi lentamente si sdraiò accanto a lui. L’uomo scosse lentamente la testa in segno di rifiuto. Rosa tea sollevò un lembo della coperta e si denudò il petto. “Su, prendete,” disse. Gli si fece più vicino e gli passò una mano sotto la testa. “Qui, qui, così”. Con la mano gli sosteneva la testa e le sue dita lo carezzavano delicatamente tra i capelli. Ella si guardava attorno, e le sue labbra sorridevano, misteriosamente.”

Non è secondario segnalare il ruolo simbolico dell’allattamento al seno nella tradizione ebraico cristiana, come testimoniano numerosi versetti biblici e salmi: l’immagine del bambino allattato viene utilizzato nella Scrittura Sacra per rappresentare il legame del popolo con Dio, nonché il desiderio di Lui. Evidentemente gli autori sacri hanno ritenuto che si trattasse di un’esperienza umana talmente fondante, da aver qualcosa da dire perfino sul rapporto con Dio. Il Salmo 131 dice:  “…Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia…” e il Profeta Isaia: “Così succhierete al suo petto e vi sazierete delle sue consolazioni; succhierete, deliziandovi, all’abbondanza del suo seno”[18]. E questo solo per citare due dei moltissimi richiami all’allattamento presenti nella Parola di Dio.

Anche l’arte sacra riserva all’allattamento un posto importante: la Madonna che allatta, galactotrofusa, è un tema ricorrente nell’arte cristiana fin dalle origini e a Betlemme si trova un santuario chiamato “La grotta del latte” in cui la tradizione vuole che, o prima della fuga per l’Egitto o anche al suo rientro, la santa Famiglia abbia dimorato e che questo luogo sia stato santificato proprio da una goccia di latte del seno di Maria, mentre allattava il suo bambino. Anche i cosiddetti Padri della Chiesa hanno parlato dell’allattamento: Sant’Agostino parla del latte materno in relazione alla cura di Dio dicendo “Mi accolsero dunque i conforti del latte umano, ma non erano già mia madre o le mie nutrici a riempirsene le poppe, bensì eri tu, che per mezzo loro alimentavi la mia infanzia, secondo il criterio con cui hai distribuito le tue ricchezze sino al fondo dell’universo. Tu, anche, mi davi di non desiderare più di quanto davi, e a chi mi nutriva di darmi quanto le davi”[19]. E San Giovanni Crisostomo: “Come il bambino, che piangendo grida alla madre, l’anima cerca ardentemente il latte divino, brama che i propri desideri vengano esauditi e riceve doni superiori ad ogni essere visibile”[20].

 

 

  1. Riflessioni conclusive

 

Quando un gesto umano riesce a rappresentare contemporaneamente un così vasto arco di significati tanto da poter essere considerato un fatto sociale totale, è evidente che la sociologia deve domandarsi cosa dice di una determinata cultura, dal momento che, attraverso la sua analisi, è possibile leggere per estensione altri fenomeni sociali. Al termine di questa breve riflessione sull’allattamento al seno riteniamo di poter ragionevolmente supporre che per l’allattamento al seno si stia giungendo a una fase di pre-istituzionalizzazione, avendo superato molti ostacoli sul suo cammino ed essendo oggi stato assunto da moltissime agenzie nazionali e sovranazionali come priorità. L’istituzionalizzazione dell’allattamento non cancellerà sicuramente i problemi che gli si parano di fronte e che vengono principalmente dal mercato, ma porterà a far perdere progressivamente di peso le ragioni che gli si contrappongono, giungendo a una sua assunzione come norma dalla quale sarà sempre meno semplice sviare, a meno di attuare un comportamento in qualche modo deviante, un po’ come avviene oggi con il tabagismo. Per arrivare a una piena istituzionalizzazione riteniamo che occorrerà ancora qualche anno, in Italia probabilmente occorrerà superare una coorte di personale sanitario che si è formato nell’epoca della esaltazione dei latti artificiali, ma una volta superata questa fase sarà estremamente difficile trovare un ospedale che non pratichi il contatto pelle a pelle madre-neonato e il rooming in per facilitare l’avvio dell’allattamento, così come sarà finalmente superata la brutale (e già illegale) pratica del dono di campioni di latte artificiale al momento delle dimissioni. In questo senso il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno OMS/UNICEF[21] sta operando in maniera significativa per rendere meno permeabile al mercato il momento fondamentale (e delicatissimo) dell’avvio dell’allattamento: dal punto di vista giuridico si tratta solo di un codice di comportamento, ma dal momento che l’Assemblea Mondiale della Sanità esprime il giudizio dei Ministri della Sanità dei Governi mondiali e dei loro esperti il suo peso politico è significativo.

L’auspicio è quello che si raggiunga in fretta questa fase, che molti vedono con timore per gli ipotetici svantaggi che ne verrebbero alle donne che non vogliono allattare per ragioni personali o professionali, ma che in realtà metterà davvero – forse per la prima volta nella storia –l’allattamento al seno nelle mani delle donne.

[1] Cfr. “Counseling e allattamento. L’abbraccio che contiene” di Patrizia Rindi

[2] Muzzarelli M. G. (2013), p.44

[3] Ibidem, p.45

[4] Dow K. (2013), p.39

[5] Se ne parla anche più avanti nel capitolo e su questo argomento occorrerebbe rispolverare gli studi sulle subculture della Scuola di Chicago, ma con un approccio di etnografia digitale.

[6] Savonarola M., Il trattato ginecologico-pediatrico in volgare, cit. p. 148

[7] È un’organizzazione di volontariato internazionale, assistenziale, apartitica, aconfessionale, senza scopo di lucro, fondata nel 1956, presente in 68Paesi del mondo con circa 9000 Consulenti.

[8] Bolwby

[9] Vedi nota 4.

[10] neonatologo e pediatra americano, è stato per quindici anni direttore del Dipartimento materno-infantile dell’Ufficio europeo dell’OMS, dove si è incessantemente dedicato alla verifica dell’assistenza medica durante la gravidanza e il parto, e alla salva-guardia della salute della donna e del neonato nei paesi industrializzati. Il libro “La macchina del parto” è del 1998

[11] Il XII Simposio Internazionale sull’allattamento al seno e sulla lattazione, organizzato da Medela il 7 e 8 aprile 2017 a Firenze 

[12] www.saperidoc.it

[13] Documento prodotto dal Ministero della Salute, attraverso il “Tavolo Tecnico Operativo Interdisciplinare per la Promozione dell’Allattamento al Seno

[14] Save the children (2013), Superfood for babies. How overcoming barriers to breastfeeding will save children’s lives, Save the children, London, p.36

[15] Faruque AS, Ahmed AM, Ahmed T, Islam MM, Hossain MI, Roy SK, Alam N, Kabir I, Sack DA (2008), Nutrition: basis for healthy children and mothers in Bangladesh, J Healt Popul Nutr, Settembre 26(3):325-39

[16] Dichiarazione congiunta OMS/UNICEF (1989), pag. 14

[17] Recalcati M. (2015), p. 49

[18] Isaia 66,11

[19] Sant’Agostino, Le Confessioni, 6,36-37

[20] dalle « Omelie » di san Giovanni Crisostomo Vescovo, Om. 6 sulla preghiera

[21] Per consultare il testo: http://www.ibfanitalia.org/codice/

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